BUON NATALE FLANEUSE
Care e cari,
bentrovate e bentrovati.
Vi scrivo questa letterina tra amici che sono sempre di più per salutarvi e augurarvi un sereno Natale.
Grazie per l’affetto e la fiducia che mi avete dimostrato in questi mesi di trasformazioni e cambiamenti. Vi ho sentiti tutti molto vicini, soprattutto attraverso queste pagine di intimità e racconto. Mi scuso se non sono stata sempre puntuale e vi ringrazio per la vostra estrema comprensione.
Grazie infinite anche per l’entusiasmo con cui avete accolto la promozione di Natale per regalare e regalarvi questa newsletter e gli appuntamenti Flaneuse… passeggiate di letteratura, scambio, condivisione, racconto.
Ve la ripropongo qui qualora foste anche voi inguaribili ritardatari di Natale e abbiate bisogno di un regalo comodo, agevole e veloce.
Da gennaio gli appuntamenti del nostro club esploderanno: ogni mese vi proporrò almeno una passeggiata flaneuse (a Milano ma anche in altre città), torneranno anche i nostri dialoghi filosofici con Maria Russo. Abbiamo già condiviso due appuntamenti uno dedicato alla libertà, l’altro all’amore, ed è stato bello come avete accolto questa iniziativa che porta a riflettere su noi stesse e metterci in gioco.
Cosa sono i dialoghi filosofici? Sono dei momenti di condivisione e scambio, in cui riflettiamo su un tema condividendo esperienze e lasciandoci guidare dalle parole dei grandi filosofi. Si possono seguire sia in presenza, a Milano, sia da casa su zoom.
Dalle vostre parole entrambe le modalità sono efficaci.
Ho anche una sorpresa per le amanti di Virginia Woolf… un ciclo di incontri in cui “impareremo la vita” grazie a lei.
ARRIVA NATALE
Questo Natale mi scoppia all’improvviso davanti senza alcuna preparazione. È stato tutto così veloce… non mi sono accorta del tempo che passa tra notti insonni, febbri, svezzamento, tentativo di camminare in bilico tra me stessa e questa vita nuova carica di gioie ma anche di responsabilità e fatica.
Ieri è stato bello condividere con voi nelle stories quello che “non si dice” sulla maternità. Ho salvato le riflessioni su un reel che trovate sulla mia pagina instagram.
Spiace appurare come sia ancora la solitudine la grande protagonista delle emozioni delle neomamme, che si sentono isolate dalle amicizie e non capite da chi hanno a fianco.
Ci sarebbero da scrivere pagine e pagine di riflessioni sul perché il più grande carico ricada sulle spalle (e le braccia e le menti) delle mamme. Sulla presunzione di “naturalità”, sul fatto che si immagini che la maternità sia una condizione di felicità ubriacante, in cui una donna “finalmente” realizzata, affronti la fatica con spirito di abnegazione innato.
Però come spesso accade noi siamo esseri fatti di natura, ma anche cultura. Essere madri è sempre stato faticoso (basta leggere i diari di Sofia Tolstoj affogata dalle tredici gravidanze e dall’educazione dei figli senza nessun sostegno da parte del marito, così bravo a dare forma a personaggi femminili, emozioni e sentimenti, così assente nella vita vera), ma forse esisteva un’accettazione silenziosa.
Come nell’amore romantico, nel matrimonio, nella sottomissione casalinga perdurata per secoli, anche la maternità, soprattutto la maternità è diventata territorio di ricatto emotivo: io lavoro, tu stai a casa, curi i bambini, è naturale, deve piacerti per forza.
Poi è arrivata Simone De Beauvoir, i movimenti femministi, la teorizzazione -finalmente- che una donna può anche non essere madre per sentirsi qualcuno.
La scelta di non diventarlo, di difendere la propria libertà.
Ma la domanda è: come si difende invece, la propria libertà e la propria dipendenza in una relazione di dipendenza necessaria?
Esiste un modo di riflettere sulla maternità che sia nuovo, femminista, liberatorio, che includa l’amore materno.
Possibile che esista solo la possibilità 1. Annullamento materno, gioia incondizionata o 2. Negarsi la maternità per mantenersi libere.
C’è un racconto sui social specialmente della maternità che rischia di ricadere nuovamente nello stereotipo ed esclude tutte le donne che, una volta diventate madri, non hanno nessuna intenzione di abbandonare il lavoro, la propria dimensione di prima e dedicarsi per mesi e mesi (o anni) solo all’allattamento, alle fasce di baby wearing, diventare cintura nera di autosvezzamento, parlare solo di colichette e nanne.
Certamente c’è una questione di sopravvivenza che ti porta a leggere e studiare, informarti. (io per esempio ormai di nanne e segnali del sonno so tutto… nella speranza che prima o poi Orlando dorma).
C’è anche una questione di amore: vuoi il maggior bene possibile per il tuo bambino, ma per poter trasformare il “non dimenticarti chi sei” nella maternità da uno slogan alla realtà servirebbe una narrazione diversa.
Qualcosa che rinnovasse il concetto anni ‘70 o ‘80 dei figli come scocciatura e della mamma manager circondata di nonne e tate, ma anche il nuovo mito della madre onnipresente, gioiosa, che (spesso lontana dalla famiglia d’origine) nella solitudine delle città si dedica anima e corpo al bambino.
(Un giorno affronteremo anche il tema dei padri che mi sta molto a cuore, io non li dimentico… anche perché nella mia situazione il papà è iper presente, ma faremo un discorso più ampio in altre occasioni).
Come è possibile che se fino a ieri vivevi tra ufficio, vernissage, amiche e aperitivi, dopo che diventi madre serenamente ti butti in una dimensione completamente diversa che ha al centro il tuo infante e che dimentica tutto il resto?
È questa la contraddizione che vedo nella contemporaneità. Non escludo che ci siano donne e mamme contente di farlo, serene, amanti dell’allattamento a richiesta per due anni, delle giornate in passeggino, pappe e cacche. Che accettano questa fase con serenità e gioia.
Ma non siamo tutte uguali e forse il punto di partenza è perdonarsi.
Non è una questione di “fare delle cose per sé”, prenotarsi l’estetista o andare ogni tanto in palestra. C’è un’idea da rifondare sul mito materno.
In questi giorni mi sta dando molto conforto e riflessione “Partorire con il corpo e con la mente” della filosofa Francesca Rigotti in cui la maternità viene riletta come atto propulsivo e creativo.
E non è in contrasto col pensiero, lo accompagna e in certi casi lo genera.
Bene, io in queste vacanze di Natale che desidero ma temo nello stesso tempo cercherò di pensare a questo.
A rifondarmi e rifondare un mito che siamo stanche che sia tale.
E anche a mangiare il panettone.
NATALIA GINZBURG
I bambini mi parevano una cosa troppo importante perché ci si potesse perdere dietro a delle stupide storie, stupidi personaggi imbalsamati. Ma avevo una feroce nostalgia e qualche volta di notte mi veniva quasi da piangere a ricordare com’era bello il mio mestiere.
(Le mie piccole virtù)
Le flaneuse torinesi mi hanno portata a rileggere molte cose di Natalia Ginzburg, straordinaria scrittrice, enorme intellettuale. Che alla maternità –ebbe cinque figli- ha dedicato parte delle sue riflessioni e del suo pensiero. Di certo è entrata nella sua narrazione, soprattutto nella sua scrittura saggistica.
Vi consiglio fortemente (e può essere un bellissimo regalo natalizio) Le piccole virtù. Vi accompagnerà in pensieri e riflessioni (non solo sulla maternità per fortuna).
FILM COSIGLIATI: LE OTTO MONTAGNE
Esce domani, il 22 dicembre, io l’ho visto in anteprima.
Luca Marinelli e Alessandro Borghi danno corpo e anima al romanzo straordinario di Paolo Cognetti.
Due amici, due visioni della vita, la città, la montagna, padri che non ascoltano o forse che non vengono ascoltati, il desiderio di trovare la propria strada nel mondo. Stare su un'unica montagna e arrivare fino in cima, conquistarla, oppure vagare per le otto montagne, conoscerle ma forse non affezionarsi a nessuna.
Come il romanzo preparatevi a emozionarvi, piangere, rimanere incastrati tra la neve delle emozioni e delle scelte di vita.
CONSIGLI LETTERARI NATALIZI PER NON FARE BRUTTA FIGURA
Un Natale, Truman Capote
Due racconti toccanti, capaci di evocare il profumo magico e familiare dell'infanzia.
Dei numerosi racconti usciti dalla penna di Truman Capote, questo volume comprende due testi autobiografici di commovente dolcezza. Il primo, che dà il titolo al libro, rievoca un Natale malinconico e lontano che l'autore trascorse insieme al padre a New Orleans; in Un ricordo di Natale, invece, il piccolo Buddy e una sua anziana cugina si danno da fare con i preparativi della festa: cuociono trenta focacce, s'incamminano insieme nel bosco alla ricerca di uno «splendido albero», si regalano a vicenda un aquilone. Queste pagine vive e toccanti, dedicate alla festività più amata da adulti e bambini, si rivelano, per chi le legga, un vero e proprio dono di grazia e poesia.
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Storie di Natale di Louisa May Alcott
In questo terzo volume di racconti, uscito a Boston nel 1889, pochi mesi dopo la morte dell’autrice, Alcott accantona l’aspetto fantastico che aveva in parte caratterizzato le storie precedenti, e si concentra con sguardo attento e penetrante sulle piccole gioie, i dolori, le speranze e le delusioni di bambine e bambini delle classi più disagiate, in un’America fortemente industrializzata e disuguale, dove le sacche del disagio e dell’ignoranza sembrano espandersi, nelle città come nelle campagne. Con la sua sensibilità etica e sociale, l’autrice compone in questo volume degli «schizzi» di vita, liberandosi dal retaggio del buon vecchio Dickens per entrare nel cuore e nella mente dei suoi piccoli protagonisti.
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Aspettando il Natale
25 racconti di grandi autori (da Buzzati a Grazia Deledda) dedicati al Natale.
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Intorno al fuoco
Freddo, renne, ghiaccio e magia. Fiabe nordiche e speciali perfette per Natale.
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Biglietti di Natale di Hans Christian Andersen
"La vecchia casa", "L'ombra", "II colletto della camicia", "Il bambino cattivo"... sono solo alcuni dei racconti qui raccolti secondo l'edizione originale pubblicata nel 1847 con una speciale dedica all'amico Charles Dickens. Andersen deve la sua fama a queste fiabe per l'epoca assolutamente innovative. La sua opera tuttavia fu molto estesa e trascese i limiti di età della narrativa per bambini. Tradotte qui dal danese, ecco tredici storie che si addicono al Natale ma si leggono tutto l'anno. La raccolta si chiude con "La piccola fiammiferaia" e "Le scarpette rosse", riportandoci a un mondo che non c'è più, ma che per una notte di Natale può essere di nuovo qui.
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