I compleanni, il tempo, i libri, l’esistenza, la Sacher Torte (tempo di lettura 8 minuti)
Il titolo di questa prima newsletter potrebbe sembrarvi eccessivamente vago e indefinito, ma non temete. Si parte sempre dal generale per arrivare al particolare.
Bentrovati a tutti e grazie di essere qui. Non sapete la gioia che mi date (unita all’ansia di prestazione).
È una prova anche per me e se avete suggerimenti, idee, perplessità, sentitevi sempre liberi di scrivermi e dire la vostra opinione.
Questa è la numero uno… Vi siete iscritti in un numero che mai mi sarei immaginata e che mi ha sinceramente emozionata. Grazie amici e compagni di ricerca delle cose belle.
Cercherò, ogni settimana, di non deludervi. A voi chiedo, se vi piace e la trovate utile e stimolante, di condividerla e invitare altre persone alle nostre chiacchiere.
INTRODUZIONE [se non volete leggere il mio sproloquio iniziale, saltate subito sotto ai libri letti, le serie tv, i podcast e le mostre, non lo saprò mai e vi voglio bene lo stesso].
Questa è stata una settimana intensa, piena e viaggiante (lo si vede immagino dalle mie occhiaie rotanti). Ho visto mostre, letto libri, sono salita su treni e indossato molte mascherine, ma ormai ci siamo abituati. Ci si abitua a tutto, sempre, e la nostra attitudine al cambiamento unita al superamento delle difficoltà e fallimenti, traslando una frase bella che ha detto Viola Davis (che ho riportato in un mio post di Instagram di questa settimana) oltre che nel mio libro Le Grandi donne del cinema, offre la misura di quello che siamo.
Ci penso sempre di più e ne sono sempre più convinta. Viviamo un presente incerto e l’unica arma che abbiamo è rimanere solidi in quello che ci identifica e fluidi nel buttarci in un mondo che cambia, perde contorni, si fa sfuggente e difficile da definire.
Corrado Augias, che presento sabato (con un’altra buona dose di ansia da prestazione e umiltà nei confronti di un maestro) al Festival del coraggio a Cervignano del Friuli – che bel nome da dare a un festival- nel suo libro Breviario per un confuso presente, Einaudi, inizia citando Petrarca e il suo Rerum memorandum libri.
Si tratta di una frase latina di cui vi riporto direttamente la traduzione libera di Augias:
“Io dunque, che non sono privo di motivi di afflizione né sono aiutato dalla consolazione dell’ignoranza, trovandomi quasi al confine tra due popoli volgo lo sguardo nello stesso tempo al passato e al futuro (ante retroque)”.
Lo trovo un ottimo punto di partenza per definire i tempi che viviamo, che per certi versi assomigliano al ‘300 di Petrarca: poeta in bilico tra un Medioevo in dirittura d’arrivo e un Rinascimento che vede i suoi albori.
“Anni rivoluzionari - i nostri, li definisce Augias- in cui scompaiono abitudini consolidate, canoni politici, riferimenti culturali ed etici che a lungo hanno dato fisionomia alla nostra civiltà”.
Viviamo un tempo sospeso, in cui il presente guarda al passato, che sta dietro l’angolo ma che percepiamo già come molto distante e volgiamo l’occhio verso un futuro di cui non sappiamo stabilire i contorni. Avremo nuove abitudini, nuovi riferimenti culturali, il digitale, il virtuale, lo smartworking, le città che si svuotano, il virus che ha messo l’acceleratore a molte mutazioni già in corso, le relazioni tecnoliquide (la prossima newsletter sarà dedicata a questo … l’amore…), noi che diventiamo sempre più tecno e sempre più liquidi, gli smartphone che diventano compendio del nostro cervello, le intelligenze artificiali…
Se le elenchiamo tutte, queste cose, veniamo assaliti dall’angoscia… e come facciamo? Dove andremo? Cosa faremo? Con chi staremo?
E, diciamocelo, documentari come The social dilemma (Netflix, qui trovate la recensione di un bravo giornalista che si chiama Giorgio Viaro), che non è che abbia svelato la formula per non ingrassare mangiando patatine fritte anziché quinoa e semi di chia dopo i 35 anni, ci ha messo tutti di fronte a quello che già sapevamo ma non volevamo veramente riconoscere: il livello di dipendenza che abbiamo nei confronti dei social e del web e di quanto l’essere sempre connessi abbia cambiato il nostro modo di compiere scelte e vivere.
We shape our tools and then our tools shape us, diceva Mashall McLuhan, che è morto nel 1980 ma che già aveva capito tutto. Gli strumenti li abbiamo creati, ma ora sono loro che controllano noi, come Frankestein insegna.
(Su questo tema vi consiglio questo libro di Massimiano Bucchi Io e tech”)
CALMA!!!
Sempre per buttarci nel citazionismo, richiamiamo una delle frasi più famose di Sant’Agostino, contenuta nelle sue Confessioni (penso ci abbiano pure fatto delle magliette, se le trovate ditemelo…)
Il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.
Mai come ora sentiamo questa definizione (scritta nel 398… dunque 1700 anni fa a spanne) così vicina.
Il passato è una memoria da celebrare (e dunque via con libri, film, serie tv che celebrano la storia, altro argomento che mi piacerebbe sviluppare in futuro).
Il presente è una visione che sfugge.
Il futuro un’attesa.
Forse la parola chiave per non affogare nel “oddio e adesso che si fa” è proprio quella del festival a cui devo andare… CORAGGIO.
Parola che deriva dal latino “cordis- habere”, avere cuore. Buttare il cuore oltre l’ostacolo per dirla come se vivessimo in un romanzo di Nicolas Sparks, tirare fuori le ovaie, per come la dico io.
"Vuoi sapere come passo il tempo?
Cammino sul prato davanti, fingendo di strappare erbacce, ciuffi di trifoglio selvatico…
In realtà sto cercando coraggio, qualche indizio che la mia vita cambierà"
Scrive Louise Gluck, premio Nobel per la Letteratura 2020 (molto contenta) in “L’iris selvatico” la sua raccolta di racconti più nota.
Metafora nella metafora. Guardiamo il nostro giardino, cerchiamo quadrifogli (io mai visto uno.. voi?), indizi per trovare la forza.
Ma la forza sta dentro di noi – come ci insegna Yoda- non nei quadrifogli, anzi se vogliamo prendere in prestito un’altra figura retorica, il quadrifoglio potrebbe essere una nostra sineddoche. Parte per il tutto.
Io sono il mio quadrifoglio.
Non ci state capendo niente, lo so, nemmeno io.
Quello che sto cercando di dire, per non risultare troppo banale o sentimentale, è che il quadrifoglio sta nel nostro cuore, che, come dicevano i latini, è il luogo del nostro coraggio. Lì nel mezzo, oltre le paure, le emozioni, i pensieri, la mente che divaga e si attorciglia, ritroviamo quel pezzo di noi autentico che ci guida e ci fa ritrovare la strada, sempre.
Questo è l’augurio che mi sono fatta per il mio compleanno (7.10.1984, bilancia ascendente scorpione, luna in pesci, marte in capricorno). Di lasciar perdere il tempo che passa e anche i quadrifogli. Ma di volere bene al mio giardino. Che nel mio caso, oltre ai cactus, la passiflora e lo spatifillo, contiene tanti libri e storie. Come dico spesso… sono il luogo – che sta dentro di me- da cui parto sempre e a cui, sempre, ritorno.
Me lo sono ripetuta anche quest’anno, per non dimenticarlo, mangiando la Sacher Torte.
LIBRI LETTI
La figlia unica di Guadalupe Nettel, La nuova frontiera: il romanzo di cui in molti parlano. Vi consiglio di dare uno sguardo alle stories di Michela Murgia che ha stimolato un dibattito sul tema della maternità. Un tema che ci tocca tutte sia che madri lo siamo già, lo saremo o abbiamo scelto di non diventarlo. La storia è quella di un’amicizia femminile: Laura e Alina. Si conoscono a Parigi a vent’anni una si occupa di arte, l’altra di letteratura. Notti tra i bar, vino, scorribande intellettuali. Laura di figli sa che non ne vuole “Quando restavo a Parigi, dedicavo molte ore a leggere in biblioteca, ad andare a teatro, a frequentare bar o locali notturni. Nessuna di queste cose è compatibile con la maternità.”
Oppure “Sono un esempio vivente di come saremmo noi esseri umani se non esistessero le norme dell’educazione e della civiltà. Per anni ho cercato di convincere le mie amiche che riprodursi costituisca un errore irreparabile. Dicevo loro che un figlio, per quanto tenero e dolce nei momenti buoni, avrebbe sempre rappresentato un limite alla loro libertà, un fardello economico, per non parlare del logorio fisico ed emotivo…. Ne vale davvero la pena?”
Ma la vita come sempre stravolge, allontana e riunisce. Alina vorrà avere un figlio con tutta se stessa e si scontrerà con il dolore (la bambina ha malformazioni al cervello). Anche Laura si confronterà, senza che se lo aspetti, con le sue scelte e le se convinzioni.
Ci sono molti modi di essere madre, come ci sono molti modi essere figlie e altrettanti di essere amiche.
Un libro che si legge con passione e in un soffio. Scrittura limpida, veloce e avvolgente. Stimola domande, ti mette di fronte alle tue fragilità. Consigliatissimo (sul tema della maternità torneremo certamente anche qui).
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Manuale di autodistruzione di Marian Donner, Il Saggiatore: mi sono divertita come una pazza a leggere questo “antimanuale di autoaiuto” di una giornalista olandese che ha lavorato per anni in un call center di escort. In questa società che ci invita ad essere folli e ribelli, come diceva Steve Jobs, travolti da messaggi inspirational, motivational empowering “ti ritrovi a casa, sul divano. Senza un centesimo in tasca, bloccato in un lavoro idiota, scivolando lentamente verso l’esaurimento”.
“Questa è la realtà attuale. I folli della pubblicità della Apple? Oggi li chiamano squilibrati. Gli anticonformisti sono dei perdenti. I ribelli si comprano una maglietta dei Clash da H&M. Nessun datore di lavoro è impaziente di incontrare dipendenti che non amano le regole”. Così ansia e depressione sono aumentati del 40 per cento nel corso degli ultimi trent’anni.
In questo contesto Marianne consiglia di non sentirci sbagliati “la gente prende pillole per tenere sotto controllo stress, ansia e panico… ma quello di cui abbiamo bisogno non sono pillole, yoga o tenere un diario della gratitudine, ma renderci conto che non siamo noi il problema.” Il mondo è malato e Marianne ci invita a fare cose tremende (puzzare, bere, sanguinare, bruciare, danzare) per Essere un piolo tondo in un mondo quadrato. Da leggere, per svegliarci dal torpore del conformismo. Non viviamo in una pubblicità della Adidas, per fortuna… possiamo essere anche sporchi, cattivi e fare fatica ad accettare la positività. Dire anche “no” o “sai che c’è… non me ne frega niente”. Ricordiamocelo.
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Breviario per un confuso presente, Corrado Augias, Einaudi È un libro che parte da Petrarca e arriva alla paura della morte. Passa attraverso il pensiero di Spinoza, condannato per eresia perché aveva osato sfidare i dogmi ebraici, arrivando fino a Montaigne. In mezzo tante riflessioni sul tempo.
La memoria del passato serve a mettere i fatti in prospettiva, tracciare un percorso, individuare le cause e i loro effetti, fornire in punto di orientamento. Non c’è futuro, luminoso o obbligato che sia, che ci salvi dal dovere di trasmettere il passato, prima che tutto finisca travolto da un nuovo mondo, che presto o tardi certamente avverrà.
Cita filosofi, scrittori, antropologi, pensatori, libri del passato e del presente, quelle “opere che in un certo modo, racchiudono la mia biografia” – scrive- per riflettere sull’Italia, il concetto di nazione, la religione, il concetto di libertà. Sono molto belli i capitoli dedicati alla lettura “Leggendo come in genere oggi si fa, cioè in solitudine e in silenzio, nell’atto di leggere siamo distaccati dalla realtà. Tutto ciò che leggendo s’è aggiunto alla nostra mente, quando il viaggio finisce, ci riporta alla realtà con un diverso grado di consapevolezza”.
Mi sono domandata quanti libri Augias, immagine e icona dei libri in tv da me studiato e venerato, abbia letto in tutta la sua vita. Glielo chiederò anche se so che non mi saprà rispondere.
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CHICCA DA SCOPRIRE (di cui vi parlerò la prossima settimana):
Passatempi Parigini di Stephen Leacock, Mattioli 1885
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FILM E SERIE TV ( in breve)
The Boys, Amazon Prime: mi manca l’ultima puntata di questa pazza e divertente serie tv fatta di supereroi cattivissimi. Mi libera la testa e fa molto sorridere. Umorismo nero e al massimo dell’irriverenza (basta pensare che Homelander, un bravissimo Antony Starr che sarebbe l’alter ego di Captain America, in questa seconda stagione abbraccia il trumpismo e spacca letteralmente la faccia a uno storpio…).
Petra, Sky Cinema: Paola Cortellesi e Andrea Pennacchi nella trasposizione in serie tv dei romanzi (che sono nel mio cuore pulsante) di Alicia Gimenez Bartlett. Risultato buono, anche se molto sapore dei romanzi si perde. Non tanto per il trasferimento da Barcellona a Genova, che trovo azzeccatissimo, quanto perché la sostanza dei romanzi è il pensiero di Petra… quello che non dice ma immagina e rimugina… Sarà che per me, che sento questo personaggio tanto vicino, non è mai abbastanza. Bravo Andrea Pennacchi perfetto Fermin (o Monte nella serie).
Ratched, Netflix: ho visto solo due puntate e non riesco ancora a formulare un’opinione di questo ultimo lavoro di Ryan Murphy (che ho amato alla follia un American Horror Story, meno in Hollywood, non per il concetto ma per come reso). Prequel di Qualcuno volò sul nido del cuculo, origin story di una delle infermiere più spietate del cinema. Curioso che arrivi proprio nell’anno in cui queste (e questi) straordinari professionisti sono stati finalmente e giustamente celebrati. Un tributo in salsa horror. Bravissima Sarah Paulson (che amo sempre di più), Cynthia Nixon è invecchiata (come sono cattiva… a volte, lo so, lasciatemelo fare ogni tanto).