Mancanze, desideri, alberi di Natale
Ciao a tutti e scusatemi infinitamente per i ritardo.
È stata una settimana molto intensa, fortunatamente, ma se si vuole il mio motto è “si riesce sempre a far tutto”. Ovvero: mettere il sedere sulla sedia e scrivere.
Ho girato un programma speciale che andrà in onda su La5 (canale 30 del digitale terrestre) il 17 dicembre che si intitola Magic Night. È una cosa a cui tengo abbastanza perché è la prima volta che giro un programma tv in casa mia. Spero abbiate tempo di vederlo e recuperarlo e che vi piaccia. Parliamo di tendenze per un Natale complicato. Abbiamo cercato di offrire un momento di leggerezza responsabile in un momento che non è semplice per nessuno.
Detto questo.
Torniamo a noi.
Questa settimana volevo parlarvi di mancanze. Quelle mancanze che ci spaccano lo stomaco ma che ci formano. Mancanze che sembrano terribili ma che, se, come sempre, cambiamo punto di vista, diventano un’opportunità.
L’opportunità del desiderio.
Stiamo vivendo un momento tremendo, inutile che ce lo ripetiamo ogni volta, diamolo come dato assodato. Abbiamo di fronte a noi delle feste di Natale durissime, diverse da quelle che abbiamo sempre vissuto. Mi viene in mente quella cosa che avevo scritto su Instagram tanto tempo fa quando era iniziato il primo lock down in cui dichiaravo la mia “invidia” per chi poteva “godersi” l’isolamento con qualcuno. Qualcuno che ci fosse, ci volesse bene, rappresentasse un paracadute al senso di spaesamento e paura.
In questi mesi sento di essere cresciuta e cambiata molto e questa “invidia” è scomparsa. Ho imparato a fare i conti con quello che ho senza idealizzare quello che non ho.
Come diceva Epicuro, concentriamoci su ciò che possiamo cambiare non su quello che non possiamo cambiare.
Lo diceva Epicuro, lo dicono gli psicanalisti. Lo dice chi è dotato di buon senso, di quell’ottimismo razionale che è la chiave per non perdere la rotta.
Ci sono io.
Le mie passioni.
Ci siete voi.
Ci sono queste lettere che vi scrivo come momento di scambio e condivisione.
Sarà un Natale di mancanze e di vuoti. Mi mancherà non andare a sciare, che è l’unico sport che davvero amo praticare e che so gestire (sentire il rumore della neve sotto gli sci, il vento sulla faccia, l’ebrezza della velocità, il panino con la bresaola e il bombardino a metà mattina).
Ho sempre adorato sciare, anche da sola.
Anche l’anno scorso, quando quella sciata solitaria mi è pesata come un macigno. Scendevo dalle piste e piangevo e mentre piangevo andavo sempre più veloce, mi concentravo sullo stile, sulla curva perfetta e più mi concentravo più il pensiero laterale (sono sola, lui non c’è, lui non vuole più sciare con me) passava.
Perché ero brava caspita. Ero brava ad affrontare la neve e a muovere le gambe. Ero brava a divertirmi e godere dell’odore del freddo e degli aghi senza doverlo per forza condividere con qualcuno.
Forse è stato lì che ho piano piano imparato a stare nel momento. Fermare la testa, vedere gli scenari positivi che avevo intorno e non quelli negativi e impossibili che stavano solo nel mio cervello.
Natale 2020.
Ci mancheranno talmente tante cose che fare un elenco è quasi impossibile, se non deleterio.
Viaggiare.
Avere la libertà di incontrare la mia famiglia
I miei amici
Di lamentarmi per i cenoni con i parenti noiosi.
Non ho mai avuto una predilezione per il Natale. Me n’è sempre importato quel tanto che basta per non trasformarmi in Scrooge di Racconto di Natale di Dickens.
Non ho una famiglia particolarmente numerosa che mi sta anche molto simpatica, non mi sono mai lamentata troppo per la noia dei pranzi (in Brianza facciamo quelli) e ho la fortuna di poter raggiungere la mia famiglia stando nelle regole e con tutte le precauzioni possibili.
Però è indubbio che quello che abbiamo intorno è un vuoto fatto di quello che c’è sempre stato e che non c’è. I regali, lo shopping per gli altri, l’allegria, il desiderio di avere del tempo per potere stare a casa.
A dicembre ci succedeva questo: sentivamo il desiderio di avere qualche giorno per fermarci. Stare in casa, goderci i nostri cari, goderci il nostro tempo lontani da impegni, corse, frenesie. Perché lo avevamo? Perché… ci mancava.
Ogni desiderio nasce dal vuoto. Ogni desiderio si realizza se analizziamo quelle mancanze e facciamo qualcosa per poterle colmare non in maniera bulimica. Non appiccicando sensazioni al vuoto cosmico. Ma entrandoci dentro analizzandole, modificando quelle parti di noi che ci portano a sentirle.
Quindi. Se posso fare un augurio per questo dicembre (perché per me le feste e il natale inizia l’8 e finisce il 31) è quello di analizzare bene tutte quelle mancanze che sentiremo e già sentiamo. Diamogli un nome, scriviamole da qualche parte, non facciamole andare via.
Chi ci manca davvero? Perché? Si merita questo nostro sentimento questa persona?
Non sprechiamo tempo. Questo è un momento di trasformazione e attese, ma stiamo comunque vivendo. Non frizziamoci, non lasciamoci andare allo sconforto e alla lamentela costante che è nella maggior parte dei casi il rimedio più semplice per non affrontarci. Più le analizziamo più percepiremo in noi il desiderio di qualcosa che forse non sappiamo nemmeno di avere.
E ora veniamo a Virginia e alla scelta de La crociera e Una Stanza tutta per sé.
E’ stata una scelta ragionata e che ha a che fare con le mancanze e con i desideri.
La scelta di Virginia nasce dalle mie mancanze e dai miei desideri.
Mentre ascoltavo Paolo Nori, nella bellissima diretta che abbiamo fatto su Delitto e Castigo, nel momento in cui ci raccontava degli effetti che ha avuto quel libro sulla sua adolescenza e sul perché lo ha fatto “sanguinare” mi sono domandata… qual è il libro che mi ha fatto “sanguinare” davvero? Chi è la scrittrice che ha cambiato il mio modo di leggere e di percepire me stessa?
VIRGINIA WOOLF
È con lei che ho scoperto il potere della scrittura e della lettura nell’indagine di sé.
È lei che ci ha ricordato e raccontato per la prima volta nei romanzi e in tutto quello che ha scritto quanto siamo frammentati, divisi, mutevoli.
Siamo esseri fatti di pensieri fuggevoli e fuggenti, inafferrabili, incomprensibili e per questo straordinariamente complessi, fragili, inincasellabili.
Per Virginia la scrittura e, insieme, la lettura, sono una continua ricerca di sé, del senso dell’umanità, del tempo, della memoria, degli attimi che passano e se ne vanno e che senso hanno se non nelle nostre teste?
“Il carattere umano è mutato, si è fatto frammentario ed elusivo” scriveva nel 1910 quando iniziava a capire che la sua scrittura, il suo desiderio di essere scrittrice (che in quel momento ancora non era non avendo pubblicato romanzi) aveva quest’obiettivo.
Buttare sulla pagina, come gli Impressionisti avevano fatto sulle tele la realtà per come è.
Ma se Monet e compagnia si confrontavano con la realtà oggettiva (le ninfee, i paesaggi, eccetera), Virginia si cimenta con la materia più complessa di tutte: la nostra vita interiore.
Come si fa a registrare per come è la nostra vita interiore?
Senza costruirci attorno storie. Senza usare la scorciatoia di costruire personaggi a cui appiccicare caratteri, caratteristiche, aggettivi. Trame, eventi, fatti, situazioni, ma solo… movimenti di pensiero. Ci proverà Virginia, lavorerà su di sé tra alti, bassi, malattia mentale, momenti di grande fiducia alternati a momenti di sconforto totale. E ce la farà.
Mrs Dalloway, è il primo romanzo in cui si abbandona al proprio destino e ci accompagna nella testa di una donna di cinquant’anni che nella Londra degli anni Venti va a comprare dei fiori, indebolita dalla vita, terrorizzata dal passare del tempo, desiderosa (ancora) di appigliarsi ad ogni attimo per offrire un senso al vissuto, che altrimenti passa e se ne va.
È il 1923. Virginia Woolf ha 41 anni.
“E’ proprio così la vita? Devono proprio essere così i romanzi?” Si domandava Virginia leggendo i romanzi della letteratura inglese dell’Ottocento.
E se lo domandava proprio nel momento in cui scriveva quella che sarebbe stata la sua prima opera che ho scelto di sottoporvi. “La crociera”. Tra il 1913 e il 1915.
Un romanzo che Virginia ha rimaneggiato, riscritto, rivisto più volte.
Un romanzo di ricerca, di se stessa e del proprio stile, del proprio senso di essere una scrittrice.
Un romanzo di trasformazione.
Nel 1920 nei suoi diari scrive
“La mattina tra mezzogiorno e l’una rileggo La crociera. Non l’avevo più letto dal luglio 1913. E se mi chiedeste che ne penso dovrei rispondere che non lo so: è una tale arlecchinata, un tale assortimento di toppe colorate; qui semplice e severo, là frivolo e superficiale; qui come la verità di Dio, là forte e in libera corsa quanto posso desiderare. Che farne? Dio solo lo sa (…) Nel complesso il cervello di quella giovane donna mi piace molto. Con quanta audacia affronta i suoi ostacoli, e, parola mia, quale dono per la penna e l’inchiostro!”
Insomma, a Virginia quel romanzo di trasformazione non convinceva proprio. Perché sentiva in quelle parole troppe mancanze. Troppo vuoto rispetto a quello che avrebbe voluto fare di se stessa come artista.
E cosa ha fatto? Ha letto, riletto, riflettuto, riscritto. E alla fine ha preso un personaggio de La crociera, Clarissa Dalloway, e ci ha costruito quello che desiderava.
Ha affrontato i vuoti, dato un nome alle mancanze, inseguito un desiderio.
Ho scelto questo romanzo perché siamo in un momento di transizione infinita. Del mondo e di noi stessi.
Siamo in un momento di incertezze e paure e rabbia. Siamo in un momento che non è poi idealmente così diverso da quello di un secolo fa. Esattamente il momento un cui Virginia scrive e riflette e si rende conto che gli uomini (intesi come esseri umani e dunque uomini e donne) siano cambiati. Ancora di più dopo la Prima Guerra Mondiale. E vuole, da scrittrice, trovare il giusto modo di raccontarli.
Inoltrarci nel viaggio di Rachel (la protagonista del libro) che è una giovane donna dal “cervello” straordinario, piena di dubbi e domande ci condurrà in percorso stimolante. Di vuoti e di pieni. Mancanze e desiderio.
Inoltre, Virginia, mi spiace dirlo, non aveva ragione per niente. Quel romanzo, nella sua indefinizione, nella sua mutevolezza, nel suo essere un po’ classico e un po’ nuovo è un piacere infinito per la lettura. Così ricco di vita e amore per le storie.
In cui riconoscerci, con cui riflettere, con cui farci da specchio.
Parleremo ancora molto di Virginia. Per tutto il mese, fino al 15 Gennaio. Di “Una stanza tutta per sé” , dei suoi diari, di lei come femminista, come donna, artista.
Intanto leggiamo, ognuno coi suoi tempi e sue modalità.
Scrivetemi dove volete impressioni, idee, riflessioni. Condividete screenshot, sottolineate a penna ( o a matita ahaha) facciamo nostre le parole di questa donna straordinaria.
Felice che abbiate accolto questo viaggio. Andiamo in crociera, chissà chi saremo quando la nave approda.
Vi abbraccio, come sempre
La vostra
Marta
Se volete usare i miei codici di affiliazione Amazon per acquistare i romanzi ve li lascio qui: