S come Scelta
S COME SCELTA
Ciao a tutti e buon weekend,
è il primo giorno di primavera, anche se fa un freddo terribile.
Marcello sta bene, abbiamo appena fatto una lunga passeggiata sul Naviglio in cui lui aveva la pretesa di salutare e conoscere tutti i cani, dai chihuaua ai pitbull passando per innumerevoli bassotti (è vero, Milano è piena di bassotti, di ogni forma, colore, dimensione e pelo). Molte volte rimanendo deluso dalle reazioni dei “cani milanesi” (li chiamo così ironicamente, lo chiarisco) che non ne avevano mezza di vedersi saltellare addosso uno yorkie esagitato. Con io che in maniera assolutamente fallimentare mettevo in pratica una delle lezioni che ho appreso dai video youtube che guardo incessantemente sull’addestramento di cani: distrarlo con un biscotto chiamandolo con voce ferma. [e lui che mi guardava come a dire “mamma, non vedi che ho cose più importanti da fare, non mi distrarre inutilmente].
Spiegatemi perché i cani diventano già adolescenti a 4 mesi.
Ora è qui che mi gira attorno abbassando le orecchie ogni volta che lo guardo con l’aria di uno che vuole essere preso in considerazione.
“Mamma sei ancora al computer! Ma basta, giochiamo a pallina, mangiamo la pappa, facciamo le coccole sul divano!”
Immagino che chi tra voi ha un cane possa capirmi. Adottare questo adorabile pestifero/dolcissimo monello è stata una delle scelte migliori della mia vita. Io sono certa che un giorno mi parlerà. Già capisce almeno 5 parole (di cui la più importante è: PAPPA).
Ma andiamo oltre- anche se potrei scrivere un’intera NL su Marcello e la meraviglia del rapporto con i cani.
Questo weekend sono stata impegnata con il master di counseling filosofico a cui sono iscritta (forse ne ho parlato nelle stories di Instagram), che si sta rivelando un’altra delle scelte migliori- dopo Marcello certo- della mia esistenza, nonostante richieda tempo e messa in gioco di se stessi (me stessa nella fattispecie).
Si riflette, si impara, si parla, si medita. Ci si conosce.
Questa mattina abbiamo riflettuto in un dibattito socratico sulla parola “scelta”.
Il dibattito socratico praticamente è una discussione in cui i partecipanti si confrontano su un tema. Per farlo devono raccontare una loro esperienza personale in cui hanno vissuto quel concetto in un luogo e momento definito.
Tra tutte le esperienze poi se ne sceglie una, la si indaga, approfondisce e da lì poi deriva una definizione di “scelta” universale.
Non entro nel merito di quanto successo questa mattina al mio master, la persona di cui abbiamo deciso di indagare la “scelta” ha una storia personale molto importante. In cui “scelta” ha significato “adozione”.
Mentre ascoltavo ho chiesto anche a chi mi segue su Instagram “la scelta più importante della vita”.
Le risposte più gettonate sono state: sposarmi, fare un figlio, cambiare città, scegliere il corso di laurea.
Tutte scelte esistenziali in cui entrano in gioco secondo me due elementi (che poi mi hanno portata a scrivere la definizione di “scelta” che sotto vi riporto): destino e desiderio.
Perché per me il tema della scelta è importante?
Perché per un sacco di tempo non ho saputo scegliere, mi trascinavo nelle mie non scelte (come le chiamava Kierkegaard.. scegliere di non scegliere è pur sempre una scelta) sperando che ad un certo punto tutto si sarebbe sistemato. E mai come quest’anno invece mi sono dovuta confrontare con la necessità di agire… fare qualcosa… scegliere.
Non voglio incensare il momento che stiamo vivendo. Tutti sappiamo quanto sia duro e difficile stare chiusi in casa e vedere le nostre vite limitate.
Però una cosa che penso spesso è: come ero felice prima, ma non me ne rendevo conto.
E mentre lo penso già ne vedo le contraddizioni.
Non mi sono mai resa troppo conto di quanto fossi felice di poter viaggiare e andare dove volevo.
Non mi sono mai resa troppo conto di quanto fossi felice di poter condividere dei momenti con una persona che amavo (che poi non c’è stata più).
Non mi sono mai resa conto di tante piccole cose che davo per scontate ma non lo sono per niente (la libertà di andare, decidere, fare, vedere un tramonto sul mare quando si vuole, fare un viaggio, uscire a cena).
Impegnata com’ero a correre, fare, andare, sguazzare, lamentarmi, non sentirmi mai soddisfatta.
Questa mattina alla domanda “qual è stata la tua scelta…” non sapevo cosa rispondere.
La mia vita mi si è rivelata come un’accozzaglia di situazioni casuali dove spesso quello che ho fatto non è stato conseguenza di scelte consapevoli. Ma di cose che succedevano e io reagivo, a volte anche per far contenti gli altri.
Certo non ho vissuto 35 anni nell’inedia, ho fatto un sacco di cose e ho direzionato la mia vita, ma con poca decisione.
Agivo perché capitava e alla fine mi andava quasi sempre tutto bene: amavo chi volevo, facevo il lavoro che mi piaceva.
Dicevo in giro di sapere quello che volevo, ma era un’apparenza. Una conoscenza non autentica. Un modo di pormi che mi rendo conto ora non aveva sostanza.
Mi confondevo di continuo: faccio questo perché mi piace, ah no… perché così guadagno dei soldi e compro una casa (cosa che poi è successa e sono fiera di me per carità, ma non era la vera motivaizone), ah no… forse sarebbe meglio fare quest’altra cosa perché così avrei più successo.
Il risultato era che mi sentivo sempre confusa, mai contenta, poco consapevole.
Però tutto andava e ci stavo in mezzo, remavo, nuotavo, a volte mi stupivo. Spesso però non ci davo peso.
Poi è crollato tutto. Lavoro, amore. E poco dopo: la pandemia.
Mi sono ritrovata a dover effettuare una serie di scelte che, con mio grande stupore, non mi hanno trovata però così impreparata.
Perché spesso quando tutto cade, capisci davvero chi sei, cosa vuoi e dove vuoi andare. Devi però avere coraggio di scavare per ritrovare la sorgente d’acqua.
Spesso servono degli aiutanti. Nel mio caso è stata la mia psicanalista- di cui spesso vi ho parlato-.
Ci pensavo l’altro giorno… dopo un anno e mezzo di ripresa dell’analisi che cosa ho capito davvero? A cosa mi è servita?
Ecco penso che la cosa in cui mi abbia particolarmente aiutata (ed è un grande specifico dell’analisi junghiana) è stata capire la mia vocazione. Quello che davvero avrei voluto fare ed essere.
Senza costantemente metterlo in dubbio. Senza non riconoscerlo a me stessa perché… fa paura/non ho abbastanza coraggio/ massì ma va bene anche se faccio altro.
E da lì ho iniziato a scegliere con più consapevolezza.
Accogliendo il mio destino.
Ascoltando i miei desideri.
Fregandomene di quello che volevano/dicevano/ si aspettavano gli altri.
Scusate se questa mail è particolarmente personale, ma non potevo che partire da me per affrontare questo tema enorme che sta alla base di tutto.
Letteratura, cinema, filosofia.
Se ci pensate le storie che più ci appassionano sono storie fatte di scelte. Che siano giuste o sbagliate, le scelte dei protagonisti delle storie ci si incollano addosso.
È in esse che ci riconosciamo. Sono le scelte che stimolano immedesimazione, fascinazione, riflessione.
Come vi raccontavo in questa IGTV sto leggendo un po’ di libri.
Uno di questi è l’autobiografia di Dora Maar. Fotografa, artista, una donna che dotata di grazia, bellezza e intelligenza che è stata schiacciata psicologicamente dall’amore per Pablo Picasso.
L’autobiografia- messa insieme sulla base di quaderni ritrovati dalla giornalista Slavenka Drakulic- ricostruisce la sua esistenza a partire da una domanda:
“Quand’è stata l’ultima volta che ho deciso qualcosa, a parte il periodo in cui fotografavo, cosa che non faccio ormai da anni? (…) Ricordo a malapena il desiderio di fotografare e quel sentimento di controllo, di libertà e di fiducia in me stessa e nelle mie decisioni. Quando e perché è svanito tutto ciò? Come ho potuto permettere a me stessa di finire in ospedale?”
E da qui inizia un racconto che porta in anni straordinari e creativi e di un amore appassionato che fagocita ogni cosa.
Che cosa ha portato Dora a compiere le sue scelte?
Che cosa ha definito la sua vita?
Nel caso di Dora l’amore… per un genio egoista e narciso, che le ha dato molto, ma anche tolto. Per il quale lei ha sacrificato molto di lei in virtù dell’ “amore”.
Per poi confondere la sua identità (tema di cui abbiamo già parlato più volte) nel rapporto con l’altro. Che è un fatto quasi inevitabile, ma è distruttivo quando butti (come dicava un’altra grande donna legata ad un grande narciso… ovvero Simone De Bauvoir) la tua salvezza, il tuo significato in un altro. [e di super donne che sono state fagocitate dall’amore ce ne sono state a pacchi… è un fenomeno che mi ha sempre incuriosita]
Adoro leggere le biografie perché sono uno snocciolarsi di scelte.
Simone De Beauvoir ha deciso di scrivere i suoi memoir per mettere ordine con il racconto alla sua esistenza. Capire i momenti in cui è stata autentica e quelli no.
Indagare le origini delle sue decisioni.
E dunque torniamo alla scelta. Alla vita di prima e alla vita di adesso.
Io penso che uno degli esercizi che possiamo fare in questo periodo ancora di vita detonata è fare il punto.
È in un momento in cui le possibilità si riducono, esercitarci a scegliere per noi con consapevolezza, non “tanto per fare”.
Cercare di chiarire e analizzare, mettendoci alla prova e partendo dal passato.
Vi lascerei con un gioco a cui se volete potete anche rispondere scrivendomi a questa mail.
Rispondetevi a delle domande
Quali sono state le scelte più importanti della mia vita?
Perché le ho effettuate?
Come stavo mentre lo facevo?
La definizione che ho dato oggi di scelta è questa:
SCELTA= agire consapevole che nasce da un desiderio, può attraversare momenti di paura e necessità di aiuto e avviene nel momento in cui si rileva il proprio destino, anche attraverso una condivisione.
Io penso che se ci esercitiamo a capire se le nostre scelte sono la risposta di un desiderio sincero, che ci orienta verso un destino (che possiamo anche chiamare vocazione o anche… ricerca della propria felicità), se sono state condivise con altri ma non imposte (tipo Dora Maar con Picasso… lì c’era una dipendenza amorosa, un senso di soggezione), se abbiamo provato paura ma l’abbiamo superata… se qualcuno ci ha aiutato e perché….
Ecco penso che se in queste giornate ancora incerte proviamo a pensarci …. Magari stiamo un po’ meglio.
Almeno a me capita così.
Accogliendo i miei (infinit) errori del passato, i miei caos passati e presenti, le mie incongruenze e contraddizioni e paure.
Smettendola di “mitizzare” la vita “di prima” ma rilevandone i limiti.
Male che vada abbiamo capito qualcosa in più su di noi….
Vi abbraccio forte.
Ci vediamo, se volete, su Instagram