T come Tuta
FRASE DELLA SETTIMANA
Del futuro mi spaventa tutto, e quindi preferisco non pensarci-
Monica Vitti
Ciao a tutti,
come state?
Buona Pasqua, buona rinascita e trasformazione a tutti
Io sto abbastanza bene, impegnata a tenere regolare il mio umore, giocare con Marcello, passeggiare sul Naviglio. Sto leggendo e studiando anche se in questa settimana di sole primaverile ho sentito un fortissimo desiderio di uscire, vivere, respirare. Appoggiare i libri, alzare la testa verso il sole e i germogli.
Ho passeggiato, ascoltato la musica, trotterellato con Marcello e …
… ho pensato moltissimo… alla tuta!
Voi direte: è un anno che abbiamo una vita stravolta, ancora non si capisce se/come/quando andrà a finire, i vaccini, il caos , la Regione Lombardia, ma li guardi i telegiornali??? Ma segui Chiara Ferragni???
Sì certo. E proprio per questo penso alla tuta.
Perché nei momenti di caos e confusione, sento il bisogno di catturare delle immagini. Degli oggetti su cui concentrarmi per cercare non dico di capire, per lo meno di scorgere degli spazi di senso.
La tuta è l’immagine del cambiamento.
L’uniforme con la quale stiamo cercando di mantenere l’equilibrio nell’incertezza.
Ogni giorno esco intorno alle 18.30 con Marcello sul naviglio. È la nostra “passeggiatona”.
Lui scorrazza felice e saluta i cagnolini (che spesso lo ignorano e lui ci rimane male… ma sto cercando di spiegargli che non si può piacere a tutti… diventare grandi significa anche accettare questa dura realtà).
Io – che sto diventando sempre più dipendente da queste passeggiate che mi liberano la testa… Angelina cammina cammina con le sue scarpette blu cantava il maestro- guardo la gente in tuta.
Persone in tuta che corrono con le cuffie nelle orecchie- beati loro, io solo se ci penso alla corsa mi viene il mal di schiena- Amiche che camminano veloce in leggings e felpette colorate. Fasce sulla testa per coprire la ricrescita.
Ragazzini che bevono birre comprate al supermercato con i piedi nel naviglio.
E quello che era il luogo dello struscio (il naviglio) si è trasformato in un enorme palestra a cielo aperto. Lo sfogatoio fisico. L’unico lusso che ci è concesso.
L’umanità in pandemia si è spogliata di pizzi e merletti e indossa la tuta come salvacondotto di libertà.
Libero sfogo quotidiano.
No. Non mi sto augurando che ci vestiremo per sempre in tuta (nonostante più invecchio più apprezzo la comodità).
No. Non è un inno alla sciatteria.
È però un’immagine che non voglio dimenticare: l’umanità in trasformazione, sospesa nell’attesa, che si spoglia e ricerca zone di comfort.
Siamo esseri in tuta alla ricerca di equilibrio che nelle proprie sneakers trovano l’unico punto d’appoggio possibile su un terreno friabile e fragile.
È vero siamo stanchi
È vero non si capisce più niente e quali saranno gli orizzonti
È vero ci siamo pure stancati di indossare queste benedette tute, ma ormai siamo talmente abituati a vederci così- comodi, casalinghi anche fuori di casa- che non riusciamo a farne a meno
Ma vedere l’umanità in trasformazione, lasciatemi dire, contiene la sua poesia.
Ne parlavo ieri con una mia amica (entrambe in tuta, io con un cane, lei con un libro).
Stiamo cambiando ma se prima non ce ne rendevamo conto ora iniziamo a percepire margini di consapevolezza.
Io per esempio sento di avere un grande grandissimo bisogno di leggerezza (come quei geniacci di Di Martino e Colapesce hanno ben inteso).
Una leggerezza di senso però. Quella leggerezza “pensosa” di cui parlava Calvino nelle sue celeberrime lezioni americane. Planare dall’alto sulle cose.
Senza necessità di appesantirle. Senza problematizzare ogni dettaglio, senza volere sempre e per forza di più.
Io vedo tanta necessità di ripartenza dalle cose semplici.
Una giornata al mare.
Un piatto di pesce sulla spiaggia.
Un bicchiere di vino bianco con l’aria che colpisce la faccia
Una passeggiata in montagna.
Innamorarsi anche solo per qualche ora, senza aspettative, progetti, formalità.
Prendere qualsiasi aereo.
Scartare l’uovo di Pasqua con le persone che sono riuscito a raggiungere (la mia famiglia, gli amici).
Sentirci delle fenici tra le macerie, che in tuta corrono verso un nuovo stato [ok… questa immagine più che poetica fa ridere…però rende l’idea. Arabe fenici in tuta Adidas -o col pigiamone rosa di Chiara Ferragni- che sputano fuoco per farsi forza].
Ricordiamoci che tutto dipende sempre da noi. Non esiste un “miglioramento” dell’umanità generale. Esistono le singole persone che decidono di perfezionarsi.
[La solitudine si domina se la si trasforma in perfezionamento della propria vita interiore solo così diventa libertà… LO DICEVA SENECA, mica io…]
Io questa immagine dell’umanità in tuta l’ho fotografata nel cervello.
E se mai torneremo a ricoprirci di pizzi, merletti e piume (cosa che spero prima o poi) vorrei che ce lo ricordassimo. Di come stavamo in tuta nell’aprile del 2021.
Non più i supereroi cantanti del marzo 2020
Non più scioccati e scattanti
Ma in attesa, in bilico e un po’ stufi
Però… tanto desiderosi di sentirci vivi con ... poco....
Verso dove? Boh
Con quali prospettive? Chi lo sa
L’importante è adesso
Buona Pasqua 2021
Un abbraccio
Marta